La caverna delle turbine. Sfida al buio per la diga del Cerro del Águila
“La parte cruciale nella costruzione di una diga e di un impianto idroelettrico, è la cucina del campo. Fondamentale”. Un project manager di lungo corso, amava partire proprio dalla qualità del cibo nel villaggio creato nel mezzo del niente dal consorzio costruttore per raccontare il successo in sfide complesse sotto tutti i punti di vista: economico, geologico, logistico, tecnico, meteorologico, non ultimo quello delle condizioni di vita dei lavoratori. Un’impresa nell’impresa.
Il progetto idroelettrico del Cerro del Águila, costruito nel 2016 da Webuild a 270 km da Lima, in Perù, non è sfuggito a quest’impresa. A cominciare dalla scelta del posto della diga sul Rio Mantaro. Non c’erano studi geologici del luogo, né per la diga, né per le opere sotterranee. L’accesso all’area era quasi impossibile. Alla fine è stata scelta una gola del fiume, tra le quote 1.600 e 1.200 metri, valutandone il corso dall’alto della montagna. Per consentire i lavori, sono state costruite strade per 190km lungo la regione Huancavelica nelle Ande peruviane.
La diga a gravità, alta 88 metri, ad arco in calcestruzzo, con una larghezza alla base di 62 metri e una corona di 264, alimenta un impianto idroelettrico da 557 MW, il secondo del paese. Le opere “invisibili” raccontano numeri da sfida, come il tunnel di adduzione che convoglia la portata fino alla centrale in caverna, che è lungo 5,7 km con una sezione di 8,7 x 10,5 metri; o il sistema di restituzione, composto di una galleria in pressione con sezione uguale a quella di adduzione e lunghezza 1,9 km, fino alla centrale in caverna (o “sala”) delle turbine, larga 46 metri, lunga 86 e alta 18. Da quella caverna si ricava energia pulita e sostenibile per oltre cinque milioni di persone.
Cerro del Águila